Approfondimenti storici sul Santuario di S. Leonardo
di Leopoldo Emilio Belli
Incisione raffigurante la Chiesetta di S.Leonardo,
prima degli ultimi restauri, opera di Pasquale Ancillotti.
Ritornando a S.Leonardo, alle spalle di chi guarda il Procinto, a fianco
dell'aspra ed erta vetta della Penna Rossa, si staglia la cima più
alta del monte Forato, chiamata, in passato, anche “Pania forata”.
Secondo vecchie leggende popolari il suo grande arco naturale si
sarebbe aperto e formato per lasciare passare la Vergine con il
bambino. Ecco apparire la madonna collegata emblematicamente ad una
montagna ed il passaggio del bambino alludere al parto.
Nel
luglio dello scorso anno,viaggiando per gli straordinari paesaggi del
nord della Scozia, ho notato che la denominazione delle maggiori
vette spesso inizia per la parola "Ben" (Ben Nevis, Ben
More ecc.).Con una successiva ricerca ho appreso che trattasi di
denominazioni con derivazione dall'antico linguaggio celtico,
scoprendo l'intrigante analogia col nostro "penna" che
ugualmente indica, in Versilia e Lunigiana,nell'area delle Alpi
Apuane,rilievi e montagne. Al ritorno dalla Scozia ho potuto
verificare quanto l'antica cultura celtica di quelle terre,ed in
genere i culti ancestrali, possano aver lasciato qualche traccia
anche nel nostro territorio.
Nello stesso mese
di Luglio ho avuto infatti l'occasione di recarmi per la prima volta
e da solo, sopra l'abitato del Cardoso presso la chiesa di
S.Leonardo, comunemente denominata “il Santuario”. E lì, sotto i
maestosi contrafforti della Penna Rossa, non ho potuto fare a meno,
guardandomi intorno, di rimanere colpito ed emozionato dalla
straordinaria bellezza e magicità del paesaggio circostante:
dall'alto picco della maestosa Pania fino al monte Lieto, un mare di
verde da cui emergono rilievi straordinari ed unici.
Dopo aver lasciato
le mie prime sensazioni alla bellezza dei luoghi, ho provato ad
osservare quel singolare paesaggio alla luce delle mie conoscenze
storiche. Si sono così affacciate alla mia mente alcune suggestive
ipotesi e considerazioni trovate in un fondamentale articolo di
Augusto Cesare Ambrosi, pubblicato nel 1994 (in archeologia dei
territori apuo-versiliese e modenese-reggiano), riguardante i culti
delle antiche popolazioni locali. [...]
In effetti,
volgendo lo sguardo all'intorno di quel piazzale di S.Leonardo
riuscivo a percepire la netta sensazione di trovarmi in un luogo
sacro e ancestrale. Per usare le stesse parole dell'articolo
dell'Ambrosi nel descrivere il Pennino di Candalla, potevo infatti
vedere ergersi davanti a me, un singolarissimo enorme monolite
montano autentico menhir naturale, ma ancora più maestoso e
stupefacente: il Procinto, sulla cui verticale si stagliava in
quell'ora, nitido e luminoso, il disco solare, quasi a renderlo un
incredibile meridiana.
E probabilmente
anche le montagne intorno, come una Stonehenge naturale, hanno
contribuito alla misurazione dei cicli temporali scanditi dal sole e
dalla luna.
Ed i menhir in
epoche arcaiche, erano considerati simboli divini, riferiti alla
sessualità e alla fecondità legati all'immagine della grande Madre,
identificata come divinità della maternità e dell'amore, il cui
culto si può far risalire al Neolitico.
In seguito, con
gli spostamenti di popoli e la crescita di complessità delle culture
gli attributi della grande Madre si moltiplicarono in diverse
divinità femminili (Iside, Isthar, Inanna, Cibele, Demetra-Cerere,
Persefone-Proserpina, Artemide e Diana).
Scultura prenuragica - Madre Meriterranea
III millennio a.C.
Ed è sorprendente
aver appreso dalle mie ricerche che in Inghilterra alcuni menhir
forati erano reputati particolarmente dotati di proprietà curative.
Per questo vigeva
ancora alla fine nell'800 l'uso di far passare varie volte i bambini
attraverso tali fori per curarli di particolari affezioni.
Tolvan Stone, Cornovaglia
Ed è ancor più interessante constatare come ad una decina di chilometri
di distanza verso la Garfagnana subito al di là dello sparti acque
sotto un medesimo monte Penna, si possa trovare un altro paese dal
nome di Cardoso, e fra i due un luogo di culti arcaici: la grotta o
buca di Castelvenere che sempre citando l'Ambrosi “in epoche
diverse, databili tra la fine del secondo millennio a.C. Fino ai
primi secoli dell'Era Volgare, è stata un luogo di culto”.
In tale grotta
oltre ad una punta di freccia dell'età del rame (Cocchi-Genik
pag.212 nell'Età dei metalli nella Toscana Nord-occidentale), sono
stati rinvenuti bronzetti. Questi bronzetti (secondo Ciampoltrini
appartenenti alla ritualità etrusca) costituiscono il “nucleo di
una famiglia sempre più numerosa di qua e di là dagli Appennini,
dal Mantovano a Pisa, dalla valle del Serchio all'Aretino e ai
distretti appenninici umbri”:
si può quindi
fare riferimento a percorsi rituali e veri luoghi di culto a cui
S.Leonardo è ipoteticamente potuto appartenere e forse costituire il
punto di partenza di un rito purificatore per i bambini appena nati
attraverso il passaggio del foro del Monte Forato, in analogia con
quello delle culture celtiche dell'Inghilterra una traccia, forse, è
rimasta nella stessa dedica del “Santuario” a S.Leonardo che
risulta tra l'altro, essere protettore delle partorienti.
Bronzetto di Castelvenere
Le montagne che si
scorgono da S.Leonardo mi hanno poi, attraverso successivi
approfondimenti e ricerche, mi hanno riservato alcune sorprese. Il
nome del monte “La Nona”, così chiamato nel Catasto leopoldino
risalente al secondo decennio dell'800, altro non è che un
riferimento alla nona ora della giornata, (questa ipotesi ce la
riferisce il glottologo Giovan Battista Pellegrini per oronimi dalla
identica denominazione).
Ciò indica, come
le montagne, più remote potessero costituire anche pratici
riferimenti per scandire il fluire del tempo, oltre che indicare, con
protendersi delle loro cime verso l'alto, il legame con le divinità
celesti.
E dietro il Nona
troviamo il monte Matanna che, con la possibile derivazione da una
ragione indo-europea Mata Anna, dal significato, in sanscrito, di
“madre del nutrimento immortale”, può richiamare il culto della
“Grande Madre” presente, come abbiamo visto, in numerose culture
arcaiche, mentre nell'antica Roma possiamo riferirci ad Anna Perenna,
divinità legata all'acqua e al passare del tempo.
Più in
lontananza, inoltre, a desta del Procinto, si può scorgere il monte
denominato un tempo Leto, come attestato dalle mappe del vecchio
Catasto leopoldino del secondo decennio dell'800, ed oggi Lieto per
l'eccessivo zelo dei redattori della nuova cartografia i quali,
all'indomani dell'unificazione dell'Italia, intesero censurarne il
nome per il riferimento alla mancanza di... pulizia.
In realtà col
nome di Leto i Greci chiamavano la madre di Apollo e Diana (per i
romani si trattava di Latona) e proprio nella località Monte Leto,
in Umbria, nel comune di Gubbio, troviamo un famoso tempio d'epoca
romana, dedicato appunto a Diana.
Diana e Apollo
erano anche i simboli, rispettivamente della notte e del giorno,
della luna e del sole, del trascorrere delle ore, dei giorni e delle
stagioni. E ancora il monte Sullioni, sopra Pruno e Volegno, indica
il termine ancor oggi usato “solleoni”, il tempo in cui
anticamente il sole entrava nella costellazione del Leone dando
l'avvio, con il solstizio, all'estate.
Da alcune sommarie
immagini è emerso che nel piazzale di S.Leonardo sono presenti
alcune “coppelle”, tutte con canalette incise al bordo degli
incavi, indice di una ritualità originatasi forse durante la
preistoria, forse nel neolitico.
Inoltre fra il
Procinto e il forato nasce il fiume Versilia (etimo da collegare a
Hersilia mitica moglie di Romolo?), rintracciabile col nome di
“Canale Versiglia” nella vecchia cartografia dello scorso secolo.
E proprio fra
questi due simboli di fecondità, densi di significati sacrali il
ritrovamento di un articolato sistema di coppelle ha confermato la
presenza di riti arcaici nella zona.
Ecco quindi che si
possono collegare e trovare riuniti in questi luoghi primitivi i
culti delle cime, della fecondità e delle acque, uniti all'antica
pratica della scansione del tempo, per individuare l'inizio delle
stagioni. Ed ai cicli lunari e dall'inizio del periodo del raccolto
delle messi, è legata la ritualità della celebrazione, a
S.Leonardo, della Pentecoste (50 giorni dalla ricorrenza della
Pasqua).
Non distante dal
“Santuario” si trova l'antico abitato di Farneta oggi scomparso
pur rimanendone tracce nei ruderi delle “Le Casamenta”. La
località, con le sue storie di tesori nascosti (la pentola con le
monete d'oro) e di devastazioni (il saccheggio da parte di Castruccio
Castracani nel 200), indica l'importanza ed il rilievo, nelle passate
epoche delle zone circostanti a questo importante luogo di culto.
Luogo magico
S.Leonardo circondato da riferimenti ed antiche divinità
personificate dalle montagne che dovette colpire l'immaginario dei
gruppi di diversa provenienza che a partire dall'ultima glaciazione
(da circa 10.000 anni fa, all'inizio del neolitico) frequentarono
questa località della Versilia e vi si insediarono.
Pur vedendo questi
luoghi a partire dell'età del rame dal III millennio a.C., il
sovrapporsi di ulteriori genti e di altre culture: Liguri, Etruschi,
popolazioni di lingua indo-europea, Greci, Romani, Longobardi, i nomi
dedicati alle divinità ed i riferimenti alla sacralità dei luoghi
rimasero intatti. Ed è suggestivo, infine, supporre un percorso
rituale che, alla luce di quanto sopra esposto, provenendo
dall'entroterra toccasse la grotta di Castelvenere, nelle vicinante
dell'altro Cardoso, quello del versante garfagnino, per addentrarsi
nelle Apuane salire ed attraversare l'arco del Forato e poi scendere
per ripide valse fino a S.Leonardo e più avanti, da Farneta, seguire
il corso del fiume Versilia fino al suo sbocco in mare, verso una
vita purificata e rinnovata dalla sacralità dei luoghi.
Spero con queste
considerazioni di poter suscitar nei giovani delle nuove generazioni
un interesse ed uno spunto per potersi interessare del territorio in
cui vivono con rinnovata energia cogliendo o costruendo nuove
opportunità per reinventare uno sviluppo in questo nuovo millennio
che tante sfide e tante incognite ci propone.
Leopoldo Emilio Belli